DI DIGNITÀ E CONSAPEVOLEZZA OPERAIA, LA LOTTA GKN
1. Piano americano, scena prima
Si scende dalle colline del Mugello e si plana su Campi Bisenzio, zona industriale. C’è una ampia strada che divide due luoghi a dir poco antitetici: di qua un non-luogo per definizione, la cittadella degli ipermercati colmi di persone che girano tra vialetti fontane e panchine per avventurarsi nei templi del consumo; di là il cortile antistante la fabbrica GKN, lo stabilimento “in crisi” che è al centro di una delle lotte più avanzate da parte delle lavoratrici e dei lavoratori e che stasera, dopo mesi di trattative, vertenze e scioperi, vede la presenza di migliaia di persone a sostegno della loro lotta.
Il caso GKN è emblematico delle modalità con cui vengono generate le crisi industriali che mandano al tappeto fabbriche, operai, territori, sapienza tecnologica e prospettive di lavoro future. Vi sono infatti diversi passaggi che sembrano tornare ogni volta che dall’esterno si pilotano queste crisi. Proviamo a ripercorrere queste evidenze.
2. Una storia di crisi ricorrenti.
GKN produce semiassi e giunti per autoveicoli la cui produzione serve per l’85% altri stabilimenti di FCA (la quale, come sappiamo fa parte del gruppo Stellantis che a sua volta è proprietaria di Fiat, Fiat Professional, Alfa Romeo, Lancia, Chrysler, Maserati, Jeep, ed anche Peugeot, Citroen e Opel, per citare le più conosciute).
Nel 2018 lo stabilmento di Campi Bisenzio viene acquisito dalla Melrose, fondo di investimento che, come recita il proprio sito web aziendale, “acquista buone aziende manifatturiere con solidi fondamentali la cui performance può essere migliorata. Melrose finanzia le sue acquisizioni utilizzando un basso livello di leva finanziaria, migliora le attività con una combinazione di investimenti significativi e un cambiamento di direzione della gestione, le vende e restituisce i proventi agli azionisti“.
3. Si scrive innovazione, si legge obsolescenza programmata.
Il primo indicatore di crisi è rappresentato dalla retorica sull’innovazione tecnologica, la fantomatica industria 4.0, che parte dalla famosa riconversione del prodotto. Le rappresentanze sindacali GKN si rendono conto che la proposta assomiglia molto a quella che ha visto protagonista la Blutec di Termini Imerese e la respingono anche grazie a uno sciopero contro le esternalizzazioni dei volumi, incentivate da Melrose. Non solo, rilanciano con due proposte ad ampio spettro: la possibilità di riconversione ecologica dello stabilimento attraverso pensiline alimentate a pannelli solari e la proposta di implementare e rafforzare il reparto RCM che si occupa di progettazione e realizzazione dei mezzi di produzione. Dei 420 addettə alla produzione, 60 sono dislocatə proprio su questa linea. La proposta operaia intende creare proprio un polo di innovazione e formazione (anche tramite progetti e convergenze con il mondo universitario) che avrebbe non poche ricadute positive: la reinternalizzazione dei processi di carpenteria con conseguente aumento di risorse a lavoro sull’innovazione delle macchine, la riduzione drastica dei costi manageriali, la reindustrializzazione di un territorio che nei decenni ha visto perdere man mano il suo know how e le sue prospettive industriali. Si tratterebbe di progettare e realizzare nuove macchine ergonomiche, finora oggetto di studio di dottorandə o stagistə precariə che in questa nuova prospettiva entrerebbero a lavorare stabilmente all’interno della fabbrica.
4. Soldi pubblici, cattive compagnie
Un secondo campanello d’allarme di cui ci si accorge riguarda la crescita di ammortamenti grazie all’acquisizione di beni con investimenti pubblici che influenzano i bilanci di esercizio.
Durante la visita allo stabilimento, Dario, RSU di fabbrica, ci mostra alcuni robot di ultima generazione che sono stati acquistati negli ultimi mesi e che giacciono inutilizzati e “lucidi”. Come vedremo, si tratta di un tipico metodo di drenaggio di risorse pubbliche e di trasformazione di uno stabilimento sano in una bad company.
5. Accumulazione attraverso la crisi.
Inoltre, e qui ci si addentra davvero in profondità nella “truffa della crisi industriale”, inizia un periodo in cui lo svuotamento/riempimento dei magazzini non corrisponde, almeno in apparenza, alle commesse vinte e agli ordini che vengono evasi attraverso la produzione. A fine 2018 l’accordo tra le parti si conclude con una conferma dei tradizionali organi di rappresentanza (assemblea lavoratori, collettivo di fabbrica, RSU) ma che prevede la nascita di una nuova figura, i Delegati di Raccordo. Sono lavoratori che controllano e verificano, in ogni turno lavorativo, eventuali anomalie nella produzione e discrepanze tra ordini da evadere e giacenze di magazzino. La fabbrica lavora su 21 turni settimanali (3 al giorno) e per ogni turno ci sono 4 Delegati di Raccordo. Settimana per settimana le dirigenze vengono obbligate alla trasparenza su commesse vinte e processi di produzione ed è tramite questo strumento che gli operai si accorgono del progressivo outsourcing aziendale sui volumi prodotti. Inoltre la dirigenza rifiuta l’internalizzazione degli operai assunti con contratto interinale (adducendo come motivazione un periodo in cui i volumi sono “scarichi”) e dunque a febbraio 2019 viene convocato uno sciopero.
6. Lavoratori e lavoratrici in prestito e prepensionamento.
La trattativa va avanti finchè l’azienda decide di assumere i precariə tramite contratto da agenzia interinale (esterna), procedura che viene chiamata staff leasing e che scarica su soggetti terzi il peso contrattuale. Inoltre le dirigenze cominciano a proporre alle persone cui mancano circa 7 anni alla pensione, lo strumento dell’isopensionamento, grazie al quale si va in prepensionamento con la stessa retribuzione mensile che andrebbe loro nel caso di un numero standard di anni di lavoro maturati a fini pensionistici. Anche questo è un campanello d’allarme, con l’aggravante che in questo caso l’azienda propone uno strumento che fa gola alle singole persone.
Viene intrapresa una campagna contro lo staff leasing e allo stesso tempo si sta molto attenti alle probabili tensioni tra operaiə in via di prepensionamento e quellə che rimarranno dentro a fronte di una crisi aziendale ormai ampiamente pilotata.
7. Il nuovo che avanza; l’automazione esuberante.
Alla richiesta di presentare un piano industriale trasparente, nell’autunno del 2019 Melrose mostra un piano di esuberi che si assesta attorno alle 75-100 unità, e che comincia a “odorare” di chiusura dello stabilimento. A questo, come al solito, viene aggiunto un fantomatico piano di smart automation. Da notare che negli ultimi anni Melrose ha cambiato 5 direttori di stabilimento, tutti ovviamente concentrati sullo spingere verso la chiusura ma dissimulando il tutto con narrazioni ambigue incentrate su nuova automazione, nuovi mercati e nuove acquisizioni di beni.
8. Licenziamenti annunciati.
A questo punto gli operai chiedono l’intervento della Regione Toscana e a inizio 2020 incontrano l’istituzione proponendo un piano biennale di solidarietà, che si concretizzi nella tenuta occupazionale e nella riorganizzazione del management. Viene stipulato un accordo (Febbraio 2020, accordo chiamato di “San Valentino”) in cui non si prevedono ulteriori assunzioni tranne quelle degli interinali. Ma il Covid è dietro l’angolo.
Un primo sciopero viene promulgato per stare a casa ed evitare i contagi, a cui seguono due mesi di inattività dello stabilimento (Marzo-Maggio). Gli interinali vengono licenziati tramite messaggio Whatsapp il 14 Marzo. A fine Maggio si rientra a ranghi ridotti, e con la notizia che la GKN di Birmingham ha imposto gli esuberi. Avviene una dinamica molto “strana”: le commesse sono incoraggianti ma le scorte di magazzino crescono e vengono imposte agli operai 3 settimane di ferie. Con l’approssimarsi dell’autunno inoltre, si verifica un enorme ritardo nelle consegne ai clienti, quantificabile in 2 milioni di pezzi che rimangono in magazzino.
In questo come in altri casi avvenuti in precedenza le RSU attivano l’art.28 dello Statuto dei Lavoratori per condotta antisindacale e riattivano l’unità di crisi regionale. In nessun caso di riconoscimento giudiziario di condotta antisindacale l’azienda ha ricevuto sanzioni di alcun tipo. Da parte delle RSU viene richiesta totale trasparenza sugli ammortamenti, Head Counting (la verifica sul numero effettivo di risorse impiegate al momento) e un business plan aggiornato.
Melrose tentenna, concede il rientro degli interinali (che però si rifiutano) e copre questo buco assumendo “dalla strada”.
Il processo di delocalizzazione è già però avviato e così si arriva alla primavera-estate 2021 in cui dopo la richiesta di procedura d’urgenza del Marzo, si arriva al 9 Luglio, giorno in cui arriva la mail di licenziamento.
Da allora i lavoratori della GKN hanno deciso di insorgere. Come ci tengono a precisare, non lo fanno solo per portare la loro condizione agli occhi di tuttə, ma soprattutto perchè ritengono che la loro lotta sia quella di tuttə: delle famiglie che subiscono le incertezze di questa totale deregulation, dei territori che perdono innovazione, piani industriali e si ritrovano impoveriti, e di tutto un larghissimo mondo lavorativo che negli ultimi decenni ha subito la finanziarizzazione dell’economia, l’assenza palese di pianificazione produttiva e l’enorme precarizzazione delle esistenze, già stremate da crisi economiche e pandemiche.
Lo fanno da una posizione invidiabile: di chi conosce a menadito la propria fabbrica e i suoi processi; di chi si è sforzato di presentare piani alternativi che mantengano livelli occupazionali e maggiori/migliori produzioni, anche in senso ecologico; di chi puntella sindacati finora troppo deboli e non in grado di organizzare maestranze operaie sempre più divise e lontane tra loro; di chi non dimentica la questione centrale dei rapporti di forza e quindi mantiene l’unità di fabbrica e chiama alla lotta anche forze sociali esterne.
Dal punto di vista del nostro lavoro, incentrato sul recupero cooperativistico delle aziende destinate al fallimento o alla chiusura oltre alla solidarietà politica ed economica ( i versamenti a sostegno della lotta GKN possono essere fatti all’IBAN che troverete in coda all’articolo), abbiamo portato alla loro attenzione un po’ di documentazione relativa alla Legge Marcora, ai fondi cooperativi, alle decisioni delle commissioni ministeriali, alle politiche attive (in particolare il documento con cui Regione Toscana destina 54 milioni di euro per le politiche attive a sostegno del recupero cooperativistico).
Ci hanno risposto che la strada è sia incerta che in salita: intanto perchè sono in attesa (o meglio, si augurano che tutto ciò non avverrà mai) delle lettere ufficiali di licenziamento in arrivo per la seconda metà di Settembre, e poi perchè trattandosi di semilavorati e non di prodotto finito, la loro produzione, nel caso di recupero cooperativo, avrebbe ingente necessità di trovare da subito mercati che le diano fiducia.
Noi ovviamente rimaniamo a disposizione, e sicuramente ci facciamo promotori del loro conflitto e della gigantesca dignità e consapevolezza che stanno dimostrando al paese intero.
Cassa di resistenza lavoratori GKN Firenze Causale: donazione cassa di resistenza Gkn IT 24 C 05018 02800 000017089491